Ad Amazon va la Best Reputation, ma la crisi è dietro l’angolo e parte dalla Germania

Alcuni giorni fa Amazon ha vinto l’ambito titolo di “compagnia con la migliore reputazione degli Stati Uniti”, secondo una lista elaborata da Harris Interactive che classifica le grandi corporation USA. Il sondaggio ha impegnato più di 14.000 individui che hanno valutato circa 60 aziende. La classifica è basata su uno studio che ha misurato diversi aspetti, tra i quali: la qualità dei prodotti offerti, la fiducia nel brand, la social responsability , la gestione del personale, l’ambiente di lavoro e le performance finanziarie. Guardando ai primi posti della classifica, subito dopo il portale di shop virtuale, si è piazzata Apple, seguita da Walt Disney e da Google. Al quinto posto, invece, si è classificata Johnson & Johnson. Secondo Robert Fronk, Vice Presidente della Harris Interactive, molte delle aziende che hanno totalizzato un punteggio più alto provengono dal settore Hi-Tech perché, rispetto ad altri comparti, la tecnologia ha il “vantaggio naturale” di ricercare la soddisfazione del cliente, attraverso l’innovazione e l’offerta di prodotti di qualità.

Certo è che tra i principali stakeholder di un’impresa ci sono i dipendenti a maggior ragione quando il tema è la corporate reputation e, volendo fare riferimento agli ultimi fatti di cronaca, proprio Amazon non sembra avere un best rating da parte dei suoi dipendenti in Germania, dove il colosso di shopping online è stato denunciato per condizioni di lavoro “disumane” …

 

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18 febbraio 2013

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Le dimissioni del Papa e gli 800 esuberi RCS: quando la forza della comunicazione si vede dai particolari

Un doppio grido d’allarme da prima pagina del giornale.
Una duplice attività di storytelling che resterà nella storia: da un lato le dimissioni di Papa Benedetto XVI, affaticato e provato. Dall’altro la decisone del Gruppo Rcs MediaGroup di tagliare 640 posti in Italia, tra giornalisti, grafici e personale amministrativo. Entrambe le storie, oggi, sono in prima pagina del Corriere della Sera, incorniciate dal Direttore Ferruccio De Bortoli, in un numero da collezione, che resterà per sempre nella memoria collettiva. E, probabilmente, anche nella memoria di tutti i dipendenti RCS, affaticati e in attesa di una nuova fase di rilancio.

Un uso strategico del mezzo, quindi, perché la prima pagina del Corriere della Sera di oggi (come del resto di tutti i quotidiani) entrerà di diritto nella collezione di quelle prime pagina storiche, che hanno raccontato gli eventi più significativi della storia dell’umanità. E, grazie all’indovinata decisione di richiamare in prima pagina il comunicato sindacale del cdr del Corriere della Sera, oltre alle dimissioni del Papa, impressa nella memoria collettiva, resteranno anche i tagli decisi da RCS Mediagroup.

Un grido d’allarme giustificato, che colpisce duramente la carta stampata: 10, sono infatti le testate che il Gruppo RCS Mediagroup intende cedere o, in caso di esito negativo, chiudere. Una crisi dei giornali che sta preoccupando tutti i professionisti della comunicazione, sia in Italia che all’estero. E’sempre di oggi infatti la notizia che i giornalisti della BBC hanno indetto un giorno di sciopero contro i licenziamenti previsti dalla direzione. Un grido d’allarme, appunto, da prima pagina.

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12 febbraio 2013

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La coppia Monti Crozza funziona a meraviglia

Nella puntata dello scorso venerdì di “Crozza nel Paese delle Meraviglie”, il comico genovese, ha ironizzato su alcune personalità “altolocate” della coalizione del Premier Mario Monti: Luca Cordero di Montezemolo, Emma Marcegaglia, Paolo Vitelli, Elsa Fornero, Marco Tronchetti Provera: “basterebbe una patrimoniale su questi”, ha scherzato Crozza venerdì sera, “per risolvere la crisi dell’economia italiana”. E ancora: “Il più povero possiede la Kamchatka, quella vera”, ha aggiunto il comico genovese. Ma a suscitare l’ilarità del pubblico è stato, in particolare, un video in cui l’angiologa Lidia Rota Vender, sempre candidata alla lista montiana, ha raccontato alcuni aneddoti significativi sulla vita del Professore: il figlio con la gamba rotta e Monti giocatore di Trivial.
La satira sottile e acuminata di Crozza, però, non è stata ben digerita da Corrado Lodigiani – collega della Dottoressa Vender presso il Centro Trombosi dell’Istituto Clinico Humanitas – che, infastidito dal “sarcasmo gratuito e qualunquista sulla persona e sul nome di una candidata senatrice”, ha scritto al Corriere della Sera e a Repubblica il 28 gennaio, per denunciare l’eccesso di veleno che fuoriesce dal pungiglione del comico. E’ apprezzabile la volontà del medico di difendere la reputazione professionale e l’immagine pubblica della dottoressa Vender, ma una solida reputazione non viene scalfita da un intervento satirico in uno spettacolo in cui la satira è principe e contesto: venerdì sera Crozza ha fatto il proprio lavoro, il comico di una trasmissione televisiva satirica. Seppur meritoria nella volontà, la presa di posizione del dr. Lodigiani ha rischiato perciò di alzare ancor più discussione e impopolarità verso la candidata se vi fosse stata la volontà di aprire un “casus belli”: i direttori di Repubblica e Corriere della Sera l’hanno capito e giustamente il tutto è stato ridimensionato alla sezione delle “lettere”. Il vero dato, che dal punto di vista della comunicazione è invece importante annotare, è che la coppia Monti-Crozza ha sortito un effetto dirompente sul pubblico televisivo, considerando che “Crozza nel Paese delle Meraviglie”, il 25 gennaio, ha ottenuto il 9,95% di share con quasi 2,9 milioni di telespettatori (2.845.912) con un picco massimo di ascolti alle 22:03 … orario in cui il comico disquisiva appunto sulla Lista Monti e sui suoi candidati …

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29 gennaio 2013

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Barclays e l’etica del lavoro per risollevare la reputazione aziendale

Ripristinare i valori sui quali si costruiscono reputazione e fiducia. Questo è stato l’importante impegno preso dal nuovo amministratore delegato di Barclays, Antony Jenkins, per risollevare la reputazione dell’istituto bancario, duramente colpita da una serie di scandali. Dallo scorso agosto, Jenkins, ha introdotto una strategia di trasparenza e chiarezza che è proseguita, alcuni giorni fa, con l’annuncio di corsi di formazione che serviranno a far riscoprire ai dipendenti valori come rispetto, integrità, servizio, eccellenza, buona amministrazione. Annuncio, che può essere letto anche in chiave PR, con l’etica del lavoro in campo, per concorrere a migliorare la reputazione e la credibilità di Barclays. Ma sarà efficace, e soprattutto applicabile? In Gran Bretagna il dibattito è aperto, e i fatti di questi ultimi giorni sembrerebbero confermarlo. Lo scorso 14 gennaio, infatti, secondo le indiscrezioni del Daily Mail, Andrew Tinney – Chief Operating Officer della Barclays Wealth -, ha rassegnato le dimissioni dopo essere stato accusato di aver occultato un dossier che descriveva la Barclays Wealth (divisione dell’Istituto bancario che si occupa di investimenti privati) come fuori controllo. Secondo il report , i dirigenti della Barclays Wealth, hanno perseguito una strategia di guadagno aggressiva, non in linea con le norme che regolano il settore bancario, in un clima interno di paura e intimidazione. Le dimissioni di Andrew Tinney hanno destato particolare scalpore soprattutto in Gran Bretagna, ma anche se lo stesso Tinney non ha reso noti i motivi che lo hanno spinto ad allontanarsi dall’istituto bancario, la notizia potrebbe essere letta come la naturale prosecuzione della strategia di Antony Jenkins per risollevare la corporate reputation, promuovendo i valori di integrità e buona amministrazione. Ovviamente non abbiamo la reale fotografia degli accadimenti e vi sembrerà un eccesso di cinismo, ma se qualche testa deve rotolare davanti all’opinione pubblica, agli stakeholders e ai clienti per dimostrare la serietà d’intenti del nuovo CEO … che la “sceneggiatura” vada avanti …

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22 gennaio 2013

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Da Selfridges il silenzio è d’oro

Dal 7 gennaio fino alla fine di febbraio da Selfridges, i grandi magazzini londinesi, va in scena il minimalismo estremo. Con la campagna “No Noise”, lo store del lusso, introduce una nuova iniziativa che richiama al silenzio, alla quiete e ai prodotti assolutamente privi di logo esterno. L’iniziativa non è da considerarsi “nuova” per i grandi magazzini londinesi, considerando che nel 1909 – data della fondazione di Selfridges -, Harry Gordon Selfridge aveva già creato una Silence Room, dove i clienti potevano rilassarsi e rigenerarsi. Il nuovo Management ha così deciso di riproporre il format introdotto dal proprio fondatore, rintroducendo la Silence Room e invitando alcuni dei brand distribuiti dal grande magazzino a produrre limited edition “no logo”. E numerose aziende hanno aderito, tra cui Levi’s, Heinz e Crème de La Mer.
La campagna è partita da pochi giorni, pertanto è prematuro interrogarsi sui risultati. Ma l’entusiasmo con cui alcuni brand hanno aderito alla campagna, rinunciando ad accostare il proprio nome al prodotto messo in vendita, apre interessanti riflessioni. Non si era detto che il logo, che identifica il brand, è uno strumento che influenza le vendite? E che gli operatori del marketing vedono nella marca la promessa di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto, determinandone così l’acquisto nel futuro?

Spostandosi sul settore grande distribuzione, il valore del no logo è ampiamente riconosciuto. Secondo Daniela Camboni del Corriere della Sera, il prodotto si vende meglio se ha il marchio del supermercato. Nel 2011 sono nate 170 nuove tipologie di prodotti no logo: confezioni di gelati e surgelati (+ 16% di nuove referenze), prodotti per la cura della persona (+10% di nuovi articoli), bevande e birre (+8% di nuovi prodotti), alimenti bio e per celiaci. Secondo Camillo De Berardinis, Presidente di Adm, Ente che riunisce le imprese della grande distribuzione moderna, nel 2011 le vendite sono cresciute del 7%. Che tradotto in scontrini, significa 8,3 miliardi di euro di fatturato.
In assenza di logo, però, è l’insegna della GDO di turno o il grande magazzino che fa da garante sulla qualità del prodotto offerto. La parola chiave è fiducia. Il consumatore si fiderà dell’azienda se questa è stata in grado di costruire un patrimonio di credibilità e di buona reputazione in grado di sopperire all’assenza di logo. Al momento il valore e il successo commerciale del no logo si registra soprattutto nel settore GDO .. ma forse l’iniziativa post natalizia di Selfridges contribuirà ad espandere questa “filosofia di marketing” anche ad altri settori …

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15 gennaio 2013

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La politica ai tempi di Twitter. @SenatoreMonti e non solo …

Da una ricerca diffusa alcuni giorni fa dal Digital Policy Council (DPC) è emerso che il 75% dei capi di stato ha un proprio profilo Twitter che viene aggiornato con regolarità. Dei 164 Paesi analizzati, 123 possono vantare la presenza del proprio leader politico sul sito di microblogging. Un deciso miglioramento rispetto allo scorso anno, quando a cinguettare erano solo le più alte cariche dello Stato di 69 paesi su 164. Sorprendente? Non proprio, considerando a la diffusione di Twitter sta crescendo a ritmi spaventosi, e che l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti dei cinguettii dei politici è particolarmente elevata. Barack Obama è il leader più seguito, con 25 milioni di followers. Molti dei quali, conquistati grazie all’uso strategico del proprio account, dimostrato in occasione delle recente campagna presidenziale, che ha decretato la fine della separazione tra online e offline, l’importanza dei meme virali e dei social fotografici. Il tweet “Four more years” è diventato in poco tempo il cinguettio più retwittato della storia, con una foto tanto virale quanto “fake”, che ritrae il Presidente Obama in un momento di gioia mentre abbraccia la moglie. Guardando all’Italia, incredibile ma vero, il Premier Prof. Mario Monti la notte del 25 Dicembre, pochi minuti dopo la mezzanotte, ha affidato al sito di microblogging la propria dichiarazione d’intenti: “Saliamo in politica”, nell’esatto momento in cui riconsegnava nelle mani del Presidente della Repubblica il proprio mandato. Dal punto di vista dell’originalità delle scelte non siamo secondi a nessuno, quindi siamo certi che nell’imminente futuro i candidati alla premiership sapranno inquadrare i social media come twitter nella propria strategia di building reputation. Ad oggi, nella prima settimana del 2013, in piena campagna elettorale i profili dei potenziali candidati premier, stando almeno alle dichiarazioni di ieri (@SenatoreMonti, @pbersani, @beppe_grillo, @g_tremonti, @angealfa ) hanno totalizzato 128 tweet, per una popolazione di oltre 3 milioni di utilizzatori … Una media di 18 cinguettii complessivi al giorno. Tanti, pochi … cosa ne pensate?

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08 gennaio 2013

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