Quando Moda non fa rima con salute

La fashion week milanese è in dirittura d’arrivo e, per sette giorni, Milano è stata la capitale della moda nel mondo. Del resto, l’industria del tessile è un importantissimo settore di business per il nostro Paese e nel biennio 2010-2011, il settore Tessile-Moda si è reinventato, riagganciando la ripartenza del commercio mondiale tanto che ha concorso all’8,8% del valore aggiunto del manifatturiero italiano. Moda, però, è anche responsabilità e attenzione sociale, con questo intento, lo scorso maggio, Vogue  si è fatta promotrice di un’interessante iniziativa con l’obiettivo di migliorare la brand reputation della testata di casa Condenast: “The Health Iniziative”, un patto per raccontare una nuova immagine del corpo data dall’industria della moda. Un’importante presa di posizione con la quale diciannove direttori delle edizioni internazionali della testata si sono impegnati a non far lavorare modelle sotto i 16 anni o donne troppo magre, per  tutelare le modelle che per molte donne rappresentano un’ideale da seguire e imitare. Progetto particolarmente ambizioso che, però, si scontra con i diktat della fashion system (volti giovani, puliti, corpi androgini) e con l’immagine dell’infanzia nei media che, in modo autentico e immediato, si trasforma in driver di impatto mediatico e di business.

Probabilmente, sarà per questo o per altri motivi che lo scorso agosto, stando a quanto dichiarato alcuni giorni fa dai fashion blog Fashionista e Jezebel, Vogue China ha messo in copertina la modella all’epoca 15enne Ondria Hardin. Sia Ford, l’agenzia di Ondria, che Vogue China, interpellate sull’età della baby modella all’epoca dello scatto, non hanno rilasciato ai blogger dichiarazioni ufficiali. Nella speranza che questa vicenda non si trasformi in un caso di discomunicazione … seguiremo gli sviluppi e l’eventuale replica di Franca Sozzani, da sempre attentissima all’immagine e alla reputazione del settore Tessile-Moda nel mondo.

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24 settembre 2012

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Rihanna si scotta con la Nivea

Rihanna non sarà più testimonial di Nivea. Dopo più di un anno di collaborazione con l’azienda tedesca di cosmetici la cantante barbadiana è stata liquidata il 29 agosto direttamente dal CEO della società, Stefan Heidrenreich, con una dichiarazione al quotidiano Die Welt che non lascia spazio ad interpretazioni: “Non capisco come si possa associare Rihanna al brand Nivea”. Affermazione secca e concisa da parte del CEO di Nivea, probabilmente in risposta alle recenti apparizione troppo volgari della cantante o a seguito della sua estate hot a bordo di uno yacht, con tanto di party in diretta su Twitter.

Del resto che Rihanna sia un personaggio pubblico dalla vita privata particolarmente travagliata (vedi il pestaggio dell’ex fidanzato, ripreso da tutti i media) e che abbia volutamente costruito la propria carriera e reputazione sulla provocazione, proponendo al pubblico tormentoni pop orecchiabili accompagnati quasi sempre da video sexy e sbarazzini, è cosa nota. Possibile credere che il management di Nivea, prima di arruolare la cantante, non abbia considerato tutti i pro e i contro della scelta? Poco probabile. Certo le dichiarazioni rilasciate dallo stesso CEO Stefan Heidrenreich per ufficializzare la conclusione dei rapporti tra le parti sembrano non dare adito a dubbi di sorta: nessuna coerenza tra brand e testimonial.

Una pubblica ammissione di colpa che legittimerebbe un errore da parte di Nivea nella scelta iniziale dell’endorser e che visti i toni potrebbe avere qualche ripercussione almeno sui milioni di fan della cantante: ma anche questa strada sembra essere una strada precisa intrapresa dal brand Nivea per riallineare comunicazione e reputazione…

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03 settembre 2012

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Con Fornero una Camusso “no diplomacy”

In occasione della conferenza «women in diplomacy» il Ministro Elsa Fornero, in collegamento dalla Cina, ha commentato che la riforma del lavoro che ha dovuto condurre è stata particolarmente faticosa: «Il lavoro che mi è stato assegnato è sicuramente un lavoro da uomini. Mi hanno chiesto di intervenire duramente, È stato necessario». E il segretario della Cgil Susanna Camusso ascoltando le parole del Ministro Fornero non è riuscita a trattenere il proprio dissenso, manifestandolo apertamente con smorfie contrariate. Che i rapporti tra il Ministro Fornero e il segretario CGIL – in questi ultimi mesi – non siamo sempre stati facili è risaputo, ma la gestione del linguaggio del corpo è perlomeno doverosa in un’occasione pubblica come la conferenza titolata «women in diplomacy»; fatto sta che il leader sindacale Susanna Camusso si sia più o meno consapevolmente dimenticata dell’esistenza dei media, abbandonandosi ad espressioni contrariate.

Le telecamere e i fotografi, invece, “hanno preso la palla al balzo”, e con un certa spietatezza si sono soffermati a più riprese sul volto della leader della CGIL, trasformando delle “banali smorfie” in quello che di lì a poco sarebbe divenuto il nuovo tormentone della giornata sul Web. A poche ore dalla conferenza infatti le testate principali hanno dedicato alle espressioni della Camusso numerosi post, video e fotogallery. Vista l’importanza del tema della conferenza crediamo che titoli come “La Fornero parla, la Camusso fa le smorfie” non siano di aiuto per il posizionamento della leader della CGIL e che possano essere letti negativamente in termini reputazionali soprattutto da quelle donne molto attente al dibattito sul gender gap. La criticità principale è che la Rete come sappiamo ha la memoria lunga e gli scatti rubati dai fotografi il 16 luglio potrebbero penalizzare la web reputation della leader della CGIL quando magari in futuro alla stessa Camusso capiterà di essere a sua volta schernita da qualche interlocutore istituzionale.
Un fotoracconto che oggi sul web è a disposizione di una quantità infinita di produttori di contenuti può essere particolarmente impattante nel processo di costruzione, di conferma o di danneggiamento della reputazione di un’azienda o di un personaggio, ma alcuni protagonisti mediatici sembrano essersene dimenticati …

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17 luglio 2012

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Su twitter chi la fa l’aspetti

La Rete non perdona, ma soprattutto ricorda.
Ennesimo caso di Twitter abused quello che, il 9 luglio, ha raccontato Federico Guerrini dalle pagine de La Stampa che però non vede coinvolto la celebrities, il politico o l’azienda di turno, ma un consulente responsabile della comunicazione corporate di Microsoft: figura strategica di una delle più importanti aziende informatiche al mondo.
Vediamo la vicenda nei dettagli. Con un post sul suo blog, alcuni giorni fa, il manager di Google Matt Eichner ha annunciato il proseguimento dell’attività di restyling (iniziata lo scorso anno) di alcuni servizi e prodotti del colosso di Mountain View. Strumenti come iGoogle o Google Video, un tempo apprezzati ed utilizzati dagli internauti di mezzo mondo, saranno sospesi dall’azienda in modo graduale, in un ottica di aggiornamento della propria offerta. L’annuncio del colosso informatico ha scatenato la facile ironia di Frank X. Shaw, lead corporate communications di Microsoft.
In riposta al blogger Michael Arrington che lamentava la scomparsa di iGoogle, Shaw – dal proprio profilo twitter – ha cinguettato :”I had an idea” e in pochi secondi ha lanciato su Pinterest la Google Graveyard: uno spazio dove “commemorare” tutti i prodotti di che, nel corso degli anni, sono stati proposti e poi ritirati dal mercato da Google. Peccato che, dopo poche ore, il giornalista del Time Harry McCracken ha creato, sempre su Pinterest, la Microsoft Morgue, l’obitorio dei prodotti di Microsoft.
Scivolone imbarazzante che, in un tweet, ha spazzato via la web reputation del responsabile della corporate communication di Microsoft. Se, il “clima di accesa rivalità che esiste fra le due società” come ben lo definisce Guerrini ha portato Frank X. Shaw a dimenticare troppo facilmente le operazioni di restyling che, nel corso degli anni, hanno coinvolto Microsoft questo episodio dimostra ancora una volta che la Rete ha una memoria di ferro e un’ironia altrettanto pungente.
Forse Frank X. Shaw, data la propria posizione nell’azienda, avrebbe fatto meglio a riflettere sulla propria “idea” prima di cinguettarla e scatenare la vendetta dei social network che, come dichiara lui stesso dal suo profilo, conosce molto bene, tanto da definirsi “longtime social media participant”

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12 luglio 2012

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Lega digital quel mezzo busto in meno

Quando si cambia è necessario comunicarlo, soprattutto se il cambiamento non è all’insegna della continuità con il passato ma il punto di rottura da cui partire per un nuovo inizio. E’ così per le aziende alle prese con il rebranding del proprio marchio, è così per i partiti politici, che ormai non possono più ignorare l’importanza di marketing e comunicazione nel processo di costruzione e salvaguardia della reputazione sia del partito in quanto “contenitore valoriale”, sia dei suoi rappresentati.

Lo sa bene La Lega che, per riconquistare la fiducia del proprio elettorato, minata dalla perdita di credibilità e di reputazione del suo leader fondatore Bossi e della sua famiglia, ha proclamato l’inizio di una nuova era – all’insegna di un ritorno ai valori fondanti del partito – sotto la guida del neosegretario Roberto Maroni. Il cambio di guardia al vertice ha reso necessario, naturalmente, un adeguamento di tutti i canali di comunicazione del partito, in primis del sito internet. Ma se l’idea di comunicare il ritorno alle origini anche attraverso azioni di restyling è di per sé corretta, la sofferta genesi del nuovo sito – che in una decina di giorni ha “cambiato pelle” per ben tre volte -, solleva per lo meno qualche perplessità.

Se infatti fino al 26 giugno il mezzo busto di Umberto Bossi campeggiava ancora in home page, da quella data in poi l’immagine dell’ex “leader lumbard” è letteralmente scomparsa, sostituita da ritratti di Maroni e dei suoi fedelissimi (di Bossi restava solo il nome indicato sul logo della Lega Nord), per poi ricomparire, il 4 luglio, ma in forma “ridotta rispetto alla prima edizione”. Stesso trattamento per i discorsi del Senatur che, da onnipresenti, sono stati relegati a fondo pagina, in una posizione poco visibile. Praticamente introvabili. Che tutto questo faccia parte di una strategia di comunicazione pianificata a tavolino risulta difficile pensarlo, tre modifiche strutturali in poco più di una settimana sono decisamente troppe.
Una “caduta” che non è sfuggita a Pierluigi Battista che con la vicenda del “Bossi rinnegato” si è “guadagnato” il richiamo in prima pagina sul Corriere della Sera.

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06 luglio 2012

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Se Monti spilla gli italiani Buffetti manda gli spilli a Monti

Il Corriere della Sera del 26 Giugno ha riservato un quarto di pagina alla nuova campagna pubblicitaria di Buffetti che ritrae una bambolina voodoo che ricorda il presidente del Consiglio Mario Monti, trafitta da spilli colorati e con un’espressione preoccupata. Lo slogan recita: “Con tutte le tasse che paghi, almeno fai la fattura giusta?”. Pubblicità irriverente, promossa dall’azienda italiana specializzata nella distribuzione di prodotti e soluzioni per l’ufficio che mira a coinvolgere un target rappresentato dagli imprenditori soffocati dalla tassazione sempre più schiacciante? O caduta di stile, nel disperato tentativo di ricercare una facile visibilità a tutti i costi? Al momento la campagna è stata ripresa solo da Libero, Il Giornale e da alcuni webzine.
Nel frattempo la mente ritorna ad alcuni anni fa (2008), quando Nicolas Sarkozy – allora Presidente della Repubblica Francese – si è rivolto ai giudici per far ritirare dal mercato un Manuale vudù che conteneva una bambolina con la sua immagine, un libro e dodici spilloni per infilzare il pupazzetto. Sarkozy riteneva la bambolina offensiva per la sua immagine e reputazione, ma il Giudice ha respinto la richiesta in nome della libertà d’espressione, della satira e dell’humor. Come reagirà Mario Monti alla pubblicità della Buffetti? Secondo Libero più che l’adv il Presidente del Consiglio potrebbe non apprezzare il fatto che a pubblicare la campagna sia stato proprio il Corriere della Sera, testata vicina a Palazzo Chigi, della quale lo stesso Monti è stato editorialista.

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28 giugno 2012

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