Oltre a Facebook e Twitter anche la reputazione di Alpitour nelle mani degli hacker?

“Ciao a tutti. Vi informiamo che la scorsa notte le pagine Viaggidea, Francorosso, Villaggi Bravo e Alpitour hanno subito un attacco da parte di alcuni hacker che hanno preso il controllo sulla pubblicazione dei contenuti e sulle risposte ai vostri messaggi.”

Queste le parole del Gruppo Alpitour, dopo aver scoperto la verità dei fatti: nella serata di mercoledì 11 settembre il Gruppo ha infatti subìto un attacco informatico da parte di un gruppo di cyber-criminali che hanno derubato gli amministratori delle pagine Facebook e Twitter delle credenziali e si sono improvvisati tour operator per un giorno!
In seguito all’amara scoperta, la celebre azienda italiana, si è fatta trovare impreparata e non è stata in grado di risolvere l’attacco informatico con velocità, facendolo durare oltre 48 ore e mettendo in pericolo più di 120.000 fan…

L’obiettivo degli hacker non era però quello di gestire per qualche ora i profili social di Alpitour e fare pratica di Digital PR, ma postare contenuti a prima vista innocui che, una volta cliccati, gli consentivano di accedere alle coordinate bancarie di chi si apprestava a prenotare online le proprie vacanze da sogno.

Il commento dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione in seguito all’accaduto? “Siamo solo all’inizio..”

In casi di phishing come questo, visto che non stiamo parlando di un’attività del tutto sconosciuta (noto è il caso di AOL che risale al 1995…) l’impatto dal punto di vista della reputation si misura anche nella capacità e nell’immediatezza dell’attività di recovery della marca sottoposta all’attacco e all’implementazione di una efficace strategia di crisis communication management sia in ambito digital che sugli altri canali di comunicazione aziendale. Su Alpitour bisogna dire che uno dei primi a darne una lettura analitica è stato Piero Tagliapietra (@pierotaglia) che, essendo un esperto in materia, ha descritto le caratteristiche del caso nel post http://www.pierotaglia.net/facebook-fai-da-te-alpitour-ahi-ahi-ahi-pagine-facebook-hackerate/?utm_campaign=twitter&utm_medium=twitter&utm_source=twitter. E gli altri? E’ abbastanza sorprendente o forse non troppo che media come Repubblica o Corriere della Sera ne abbiano scritto solo domenica cioè passati ben quattro giorni dall’avvenuta attività fraudolenta. E’ un caso? Questione di scarsità di spazio o tema troppo tecnico? Notizia poco interessante nell’economia di una settimana intensa?

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17 settembre 2013

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Nonostante una reputazione da leader, la Ferrero bocciata alle elezioni tedesche

Chi l’avrebbe mai detto che dei cioccolatini alla nocciola potessero essere accusati di razzismo? E invece è successo a Berlino dove Ferrero è stata costretta a ritirare la pubblicità perché ritenuta xenofoba, la cui creatività era stata affidata all’agenzia M&C Saatchi. Lo spot in questione ha come protagonista una barretta di cioccolato bianco “Kusschen” che, durante un comizio in campagna elettorale, afferma “Noi tutti vogliamo far diventare questo paese più gustoso, vogliamo il bianco Ferrero Küsschen per sempre”. Ma non finisce qui, perché la folla di sostenitori partecipanti al comizio grida “Yes weiss can”, “Si, il bianco può” e lo spot si conclude con uno slogan la cui traduzione è “La Germania sceglie il bianco”.

Numerose le polemiche che si sono scatenate sul web, sui social network, la maggior parte delle quali trova giustificata l’accusa di razzismo rivolta a Ferrero, che ha subito tenuto a precisare “ E’ per noi importante sottolineare chiaramente che siamo totalmente contrari ad ogni forma di xenofobia, estremismo di destra o razzismo», decidendo così di ritirare lo spot per apportarvi le dovute modifiche, eliminandolo anche dal sito ufficiale tedesco.

In poche ore la pubblicità ha fatto il giro della rete: le bacheche di Facebook hanno accolto numerose critiche degli affezionati Ferrero, che hanno definito lo spot e l’azienda vergognosi, razzisti e insensibili. Anche twitter ha ospitato innumerevoli cinguettii critici da parte di utenti delusi dalla figuraccia che la celebre azienda italiana ha fatto all’estero. Alcuni hanno addirittura paragonato lo slogan della Ferrero a quello del partito neo-nazista Npd, «Saranno loro adesso a mangiare il Küsschen». Tra tante critiche, però, c’è anche chi difende Ferrero, respingendo le accuse di razzismo e sottolineando l’esagerazione dell’opinione pubblica nei confronti dello spot e ipotizzando che forse, dietro a tanto rumore, c’è qualcuno che in Germania ha la coda di paglia, soprattutto in vista delle elezioni del 22 settembre…

Anche nel mese di agosto Ferrero è stata nell’occhio del ciclone mediatico a causa della differenziazione degli ovetti Kinder azzurri e rosa, che in Gran Bretagna la fondatrice del movimento Let’s toys be toys Trisha Lowther ha definito “sessisti”.

La buona volontà del marketing Ferrero è evidente, ma c’è sempre qualcuno pronto a metterla in discussione! L’azienda piemontese ha infatti cercato di cavalcare un momento mediaticamente significativo per la Germania come le elezioni, scegliendo così per la propria campagna un contesto poco affine al suo dna: secondo voi cosa ci fa un cioccolatino nel bel mezzo di un comizio elettorale?!

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02 settembre 2013

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Mercedes investe Hitler con una campagna che conquista il web

Pubblicità autorizzata o pubblicità non autorizzata? Questo è il problema, soprattutto se uno dei protagonisti dello spot è uno dei brand più importanti al mondo nel settore automotive, Mercedes-Benz, e l’altro è uno degli uomini che ha fatto la “differenza” durante la Seconda Guerra Mondiale, marchiando in negativo la reputazione di una genìa Adolf Hitler.
Lo spot incriminato non è opera dei pubblicitari Mercedes-Benz, ma di tre studenti della Filmakademie Baden-Wuerttemberg che, in occasione del concorso tedesco per le opere prime First Steps, hanno realizzato un cortometraggio che, in maniera del tutto singolare, avrebbe dovuto sottolineare le qualità tecniche della nuova classe S Mercedes , dotata di sensori che, una volta avvertito il pericolo, bloccano l’autovettura. Nell’arco di un minuto e venti secondi lo spot ritrae un auto che sfreccia lungo un paesino austriaco e, non appena incontra il pericolo di investire due bambine si blocca. Lo stesso però non accade quando l’auto si avvicina a tutta velocità ad un bambino che sta giocando con il suo aquilone e che viene sbalzato in aria a causo dell’urto. Sul finale è la madre del bambino che, chiamandolo per nome, “Adolf”, rivela la sua identità e la stessa autovettura che, sfrecciando via come se nulla fosse successo, si lascia alle spalle il cartello del paese Braunau am Inn, paese natìo del dittatore. La pubblicità si conclude con lo slogan della finta campagna “Avverte il pericolo prima che accada”.
L’opinione pubblica si è divisa in due: considerando che in pochi giorni lo spot ha fatto il giorno del mondo e su You Tube ha raggiunto più di 3 milioni di visualizzazioni, destinate sicuramente a crescere, qualcuno ha trovato l’idea divertente e geniale, decidendo così di condividerlo sui propri profili social.. al contrario c’è chi non ha affatto approvato il filmato, considerandolo vergognoso non tanto perché viene ucciso Hitler, ma piuttosto perché viene ripresa l’immagine di un bambino senza vita. Tra questi Mercedes-Benz, che ha subito chiarito la sua posizione dichiarando di non avere nulla a che fare con lo spot e ha chiesto che venisse inserito nel filmato un avviso che precisa che la casa automobilistica non ha dato alcuna autorizzazione alla realizzazione e alla messa in onda dello spot.
Mercedes-Benz avrebbe sicuramente potuto richiedere ed ottenere la rimozione del video da YouTube, ma lo spot in causa ha ottenuto in pochi giorni un successo che forse un’altra campagna più canonica difficilmente avrebbe ottenuto. La casa automobilistica starà forse raccogliendo i frutti della genialità di un gruppo di giovani studenti il cui spot rimane in mente, proprio come il prodotto che ne è protagonista? Anche dal punto di vista reputazionale il messaggio che ne deriva e’ netto, una presa di posizione che fino ad oggi nessuna marca tedesca ha mai preso.

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30 agosto 2013

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100 Palloncini tra le nuvole di Seoul sgonfiano la reputazione del G2 di LG

Lo scorso 13 Agosto la celebre azienda coreana si è trovata nel mezzo di un vero e proprio campo di battaglia, costretta a gestire una ressa incontrollata di pretendenti del suo nuovo modello di smartphone G2.
Peccato che tale ressa non si trovasse di fronte ad uno store in attesa di acquistare il tanto desiderato smartphone LG, ma in un parco di Seoul dove, in occasione del lancio del nuovo device, l’azienda ha organizzato il contest “G in the Clouds” per cui chiunque si fosse impossessato di un determinato coupon, avrebbe ricevuto in omaggio il nuovo G2. Per rendere l’evento ancor più accattivante agli occhi dei consumatori e dei media, gli organizzatori hanno pensato di inserire i coupon all’interno di 100 palloncini di elio che, anche se per breve tempo, hanno dato un tocco di colore al cielo di Seoul. Nessuno immaginava che questo avrebbe di lì a poco trasformato il parco in un campo di guerra, invaso da un numero sconvolgente di partecipanti che, invece di attendere che il palloncino si avvicinasse a loro, hanno pensato bene di munirsi di coltelli, pistole e carabine ad aria compressa, con l’obiettivo di abbattere i palloncini in volo e aggiudicarsi l’ambito premio. L’epilogo dell’evento purtroppo non è dei migliori, perché la bagarre ha causato 20 feriti e costretto 7 persone al ricovero in ospedale. LG ha riconosciuto la propria responsabilità sull’accaduto, dichiarandosi disponibile a sostenere tutte le spese mediche necessarie a soccorrere feriti e degenti.
Certo è che gli organizzatori avrebbero potuto prevedere con anticipo l’appeal che un evento promozionale simile avrebbe avuto sui cittadini e che il G in the Cloud avrebbe potuto facilmente trasformarsi in World War G, come lo ha ironicamente definito un canale televisivo coreano, parafrasando il film World War Z, che però aveva come protagonisti degli orribili zombie.
La popolare compagnia di elettronica di consumo, attraverso un comunicato ufficiale, ha prontamente provveduto a cancellare tutti gli altri eventi promozionali presenti in programma per motivi legati alla sicurezza..
In definitiva l’appeal promozionale ha causato un evidente eccesso di partecipazione dei consumatori che e’ trascesa in una vera e propria gestione della crisi sul fronte PR quando si dice engagement …..

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28 agosto 2013

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“Lo spot è sessista”: l’Authority censura la pubblicità e Renault è costretta a parcheggiare la sua Clio!

La campagna pubblicitaria Va Va Voom di Renault bocciata in Inghilterra dall’Advertising Standard Authority, secondo cui lo spot è «oltremodo sessista e provocatorio, perché invita gli spettatori a vedere le donne come oggetti sessuali».
Una bocciatura non nuova al mondo dell’advertising che più volte si è trovato a dover affrontare il duro giudizio dell’Authority e della conseguente censura degli spot, come avvenuto ad esempio il mese scorso per la campagna pubblicitaria della società di hosting online CrazyDomains che aveva come testimonial Pamela Anderson: la pubblicità che vedeva l’avvenente ex bagnina di Baywatch interpretare il ruolo di un’ammiccante manager è stata censurata prima in Australia e successivamente in Inghilterra.
Renault ha accettato la censura delle scene incriminate, sostenendo che non vi era alcuna intenzione da parte loro di lanciare un messaggio sessista e poco rispettoso nei confronti del genere femminile; la stessa casa francese ha rassicurato però gli affezionati Renault con la versione femminile dello spot che, al contrario di quella maschile, non ha scatenato alcuna polemica da parte dell’Authority. Era prevedibile, d’altronde: come ci insegna il mondo dell’adv, le pubblicità rivolte ad un pubblico maschile hanno vita breve, mentre quelle rivolte ad un pubblico femminile in cui è presente una donna svestita non creano particolari contrasti con l’Authority! Alzi la mano chi non si ricorda di una pubblicità di una crema solare per le donne fanatiche dell’abbronzatura o di un gel doccia snellente in cui non appariva una donna svestita!? Pubblicità che non sono state mai bannate dall’Authority e mai ritenute offensive nei riguardi del popolo femminile, proprio perché rivolte al loro universo.
Brand reputation o meglio product reputation rovinata, leggermente scalfita o al contrario accelerata? Per ora lo spot Renault, come forse era prevedibile, ha ottenuto più di 3,5 milioni di visualizzazioni su YouTube, e da un’analisi superficiale ha scatenato una serie di apprezzamenti da parte del popolo maschile presente in rete! Approfondiremo il caso proponendo un benchmark con casi simili ma sembra che l’ironia (c’è chi si è anche lamentato dell’impossibilità di trovare il magico bottone Va Va Voom nella propria vettura) sia una delle derive che ha caratterizzato commenti e post sui social.

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19 luglio 2013

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Miccoli fa autogol, la FIGC e Palermo Calcio in fuorigioco

Dopo essere stato per giorni il protagonista di una bufera mediatica, l’attaccante del Palermo Fabrizio Miccoli si scusa in diretta in conferenza stampa con la sua città e con la famiglia per la frase shock pronunciata sul magistrato Falcone, da lui definito “fango”, come riporta un’intercettazione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.Le reazioni dell’opinione pubblica, dei media e del capoluogo siciliano non si sono fatte attendere, dando vita ad un’ondata di indignazione generale, rimbalzata in breve tempo di testata in testata e di portale in portale. Le parole di Miccoli hanno risuonato per giorni tra i vari social network e sono numerosi i post critici sia su Facebook che su Twitter, dove l’hashtag #Miccoli porta a infiniti risultati di critiche e insulti.

In particolare il popolo di Facebook, che raramente perdona, ha dato vita ad un gruppo chiamato “Vogliamo la radiazione di Miccoli per la frase su Falcone”, menzionato anche dal TG3 in un servizio andato in onda lunedì. Attualmente sono più di 3.700 le persone che hanno espresso il loro apprezzamento alla pagina e che quotidianamente postano petizioni con l’obiettivo di ottenere dalla Figc la squalifica a vita del goleador. E la Figc come ha risposto a questa richiesta? Con l’azione più corretta, ossia chiedendo alla procura federale di avviare un’indagine. Ma con una comunicazione non adeguata. Se da un lato i media sono stati informati di questa decisione della Federazione, sui social, il vero luogo dove gli utenti hanno espresso le loro istanze e dove continuano ad alimentare la polemica, la FICG non ha dato alcuno spazio alla vicenda, proseguendo a postare notizie sulla nazionale, sugli anniversari, sui concorsi come se nulla fosse successo.
Anche le pagine ufficiali dei social network della squadra palermitana sembrano non voler affrontare l’argomento e, nonostante la bufera mediatica e giudiziaria stia colpendo il loro più grande goleador di sempre, si limitano semplicemente a congratularsi con il loro nuovo allenatore, Gennaro Gattuso.

Ma i social non sono (o non dovrebbero essere) lo strumento di relazione ideale, diretto e disintermediato? Perché allora limitarsi al solo intrattenimento ignorando ciò che ci succede intorno?

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01 luglio 2013

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