R.I.P. Expedit

Ikea ferma la produzione del popolare scaffale Expedit e la rete si scatena. Da aprile, il colosso svedese dell’arredamento toglie dal mercato la leggendaria libreria e su internet esplode la protesta da parte dei consumatori che addirittura minacciano di boicottare Ikea nonostante le rassicurazioni dell’azienda che, attraverso la propria pagina Facebook, informa dell’arrivo di un degno sostituto.
Se è vero che ormai siamo di fronte ad un consumatore attento e consapevole e che la rete è un’ottima “guida all’acquisto”, quello che Ikea ha scatenato sul web con la scelta di eliminare Expedit è senz’altro curioso e merita una riflessione più approfondita. Considerando che per quanto sia il massimo in termini di praticità, lo storico scaffale non possiede poteri magici, è naturale chiedersi il perché la sua eliminazione dal catalogo abbia scatenato una tale bufera mediatica, mobilitando gran parte dei consumatori. Il segreto è dietro una semplice parola: nostalgia, quel potente sentimento dai meccanismi misteriosi che colpisce indistintamente, portando ad avere un’immagine del passato molto più bella e felice di quanto non sia in realtà. Non serve fare troppa dietrologia su questo, è nota la tendenza a ripiegarsi sul passato soprattutto quando il presente non soddisfa e il futuro appare come un’ enigma difficile da risolvere.

Dinamiche che sono ben note ai professionisti del marketing che hanno saputo trasformare questo sentimento in un efficace strumento di comunicazione; il marketing nostalgico; una strategia che esiste da sempre e che diventa ancora più forte (per ovvie ragioni) nei periodi di crisi, quando il passato sembra essere l’unica vera certezza. Il “marketing nostalgico” si muove seguendo diverse strade che vanno dall’associare il prodotto ad una musica o ad un episodio del passato, al riproporre un prodotto storico, o meglio vintage, per renderlo più cool. Quello che realmente conta è ciò che si scatena nel consumatore, le leve emotive che questo tipo di comunicazione è capace di smuovere nel proprio target.
Il colosso svedese sembra conoscere bene queste dinamiche, come dimostra la vecchia campagna del 2007 dedicata ad una lampada abbandonata, che agisce in maniera diretta proprio sull’emotività del suo interlocutore. E Ikea certo non è la sola realtà a cavalcare l’onda nostalgica che viaggia dagli US, con la azienda produttrice di gelati Ben & Jerry’s che addirittura dedica una campagna che è una sorta di funerale per celebrare i gusti di gelato fuori produzione, all’Italia dove Enel con sapiente abilità utilizza la nostalgia come monito per guardare avanti. E se è dunque innegabile che l’utilizzo dell’ “amarcord” nel marketing funzioni, non va trascurato il fatto che abusandone si può correre il rischio di trasmettere un’immagine di immobilità, di chi non accetta il cambiamento perché ha paura del nuovo. E in un momento storico come questo, dove restare fermi equivale a sparire, è necessario trovare il modo più intelligente per colpire il consumatore finale, senza rischiare di sembrare dei conservatori avversi al cambiamento. Con il suo claim “Guardiamo Avanti”, Enel riassume in pochi secondi il valore dell’Italia, i suoi talenti e i suoi capolavori, facendo presa su quell’orgoglio nazionale che è in ognuno ma con un’apertura che invita a guardare al futuro per costruire un domani di cui andare di nuovo fieri.
E alla luce di tutte queste considerazioni, sorge spontaneo chiedersi se Ikea fosse o meno consapevole dei volumi del tam tam mediatico che avrebbe generato con l’eliminazione dello storico scaffale. Difficile a dirsi, ma comunque sia, a prescindere dai più diffidenti che la vedono come una scelta ben orchestrata e dai più fatalisti che invece citano il caso, Ikea ha centrato non solo l’obiettivo di far parlare di se’ ma è riuscita anche a far passare il messaggio che per essere un prodotto vincente occorre avere una storia da raccontare, una reputazione da difendere e un background da cui partire. E allora, forse, si è pronti ad entrare nella leggenda.

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