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E’ la generazione che è diventata maggiorenne negli anni ’90 che oggi rimane seduta sulla banchina ad aspettare quel treno che non arriva mai. Quello che dovrebbe portare il Lavoro e che, forse, è fermo appena qualche stazione più in là. Sono i ragazzi che sono cresciuti sospesi tra Forrest Gump e Pulp Fiction, le due diverse anime del sogno americano. I ventenni che respirando hip hop e musica dance hanno salutato il disco in vinile e la musicassetta. Quei ragazzi che hanno visto la rivoluzione dei Simpson e di South Park e che hanno fatto ironia su antiche abitudini e vizi collettivi. Sono i futuri manager che si prenoteranno da soli le trasferte, sceglieranno un volo low cost, e approfitteranno per andare a vedere una mostra di arte contemporanea, o un concerto rap.
Non sono cresciuti con la cravatta, ma sono capaci di indossarla. Non sono affatto diplomatici, ma hanno molte contaminazioni internazionali. Hanno masticato le culture e le abitudini del mondo. Seppur di un mondo virtuale. Sono loro che rimangono fuori dalla grande giostra dell’operosità, con i loro talenti e il loro entusiasmo. Stanno ancora aspettando che le promesse del mondo degli adulti diventino realtà: il lavoro, tra le tante, era una promessa; dimenticata. Rispolverata ogni tanto, di solito per fini politici. Come l’effetto serra e il protocollo di Kyoto, come la tragica scomparsa di Lady D del ‘97. Una Google generation disillusa, che ha assistito in età adolescenziale allo scandalo Lewinsky, e che, da allora, non ha più potuto credere nel binomio reputazione e potere.

A questi ragazzi, chiusi fuori dalla porta seppur con un gigantesco mazzo di chiavi in mano, si è rivolto Alessandro Benetton con Unemployeed of the Year, un concorso di idee per i giovani senza lavoro finalizzato a finanziare nuovi progetti artistici e sociali.
Qualche tempo prima, alla generazione di Toy Story si era rivolta Monica Pasetti, con le borse di studio Cera di Cupra per premiare il talento in campo letterario e artistico.
In questa direzione anche Changemakers, di Expo 2015 e Telecom Italia, progetto che vuole individuare i migliori progetti digitali che si propongono di risolvere importanti questioni sociale e ambientali.
E per le migliori idee di business scendono in campo il Corriere della Sera, SDA Bocconi e Armando Testa che si propongono di contribuire in termini di conoscenze, formazione e comunicazione. Come ha detto Jovanotti a Italia loves Emila …  ‘questo è quello che sappiamo fare’.

In pochi credono a questa generazione di transizione, che non ricorda il telefono fisso e la Sip e non ha mai usato un gettone. Che rimane a casa a lungo con i genitori. Che divorzia più facilmente. Che non protesta ad alta voce. Collocati dalla storia tra i sessantottini e i nativi digitali, sono sempre sembrati meno interessanti. Quei pochi che ci credono però sono fari in porto in grado di illuminare a chilometri di distanza, con qualsiasi condizione di mare. Quei pochi, imprese scuole o imprenditori, hanno capito che valorizzare ed accogliere anche uno solo di quei 100 milioni di ragazzi fermo alla banchina è un modo per dar valore all’economia, alle persone e, why not, al proprio brand. Grazie allora ai Benetton, ai Pasetti, alle Bocconi e agli Armando Testa, a quelli che ci hanno creduto perché  come direbbe Homer Simpson: “Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che tra un attimo mi farò una birra!”.

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