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Pochi giorni dopo il lancio della nuova campagna di comunicazione, McDonald per creare un passaparola internazionale, ha invitato i consumatori ad utilizzare l’hashtag #McDstories per invogliare il navigatore a condividere le proprie McDStories (positive) utilizzando le classiche 140 battute di twitter.

Le complicazioni, però, sono arrivate nel giro di pochi secondi. Sono state migliaia le accuse di avvelenamento di hamburger e invettive contro la politica aziendale della major. La notizia è stata diffusa dal Financial Times il 25 gennaio che ha raccontato come il volume di reazioni negative sia stata tale da costringere McDonald’s a ritirare la campagna nel giro di poche ore.

Elia Belli di Lettera 43 si è interrogato sull’apparente superficialità da parte della multinazionale nel non aver previsto in anticipo il collasso della campagna, considerando che quando si intraprendono delle iniziative social è fondamentale avere un “portafoglio” sostenitori disposti a supportare e a dare eco al messaggio veicolato.

Daniele Belleri dalle pagine del Corriere sottolinea anche il lato non-social di questa iniziativa, ricordando che l’episodio arriva in un momento positivo per McDonalds’s, che ha diffuso i suoi risultati finanziari del 2011, ben al di sopra delle aspettative.

Una domanda sorge allora spontanea: davvero una multinazionale come MC Donald’s, attiva da anni sul fronte della comunicazione e del marketing  o comunque in grado di affidarsi ad esperti di social media marketing, pensava realmente al successo di questa operazione?

 

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