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Nell’era del web 2.0 e dei social network essere sospettosi a volte può premiare.
Il 1 febbraio Rosanna Santonocito da Job 24 dedica un articolo all’indagine divulgata da Ikea sull’inclusione di gay, lesbiche, bisex e transessuali (Gblt l’acronimo) sul posto di lavoro. La ricerca, attraverso la collaborazione degli enti locali, si propone di promuovere azioni pratiche a favore della popolazione Gblt all’interno dell’azienda.
La giornalista concludendo l’articolo si dichiara sorpresa delle reazioni dei lettori sul canale lavoro Job24.it: “Mi aspettavo reazioni più accese all’argomento. Invece, immancabile è arrivato il sospetto che tutto quanto sia fatto per investigare sui comportamenti personali  e schedare i lavoratori. Insomma, che le iniziative antidiscriminazione in azienda servano per discriminare meglio. Che noi siamo tutti bugiardi e complottisti”.

Un mese dopo i sospetti dei lettori sono stati parzialmente confermati da uno scandalo che ha coinvolto una sede dell’Ikea in Francia.
Il sindacato francese Force Ouvriere ha sporto denuncia contro l’Ikea per “utilizzo fraudolento di dati privati”, dopo le notizie sul presunto spionaggio di candidati all’assunzione, dipendenti e persino clienti con i quali erano in corso controversie commerciali.
L’azienda si è dichiarata estranea ai fatti e ha affermato che approfondirà la vicenda con tutte le verifiche necessarie.

La gravità dello scandalo che ha coinvolto Ikea France non è assolutamente paragonabile ai semplici sospetti dei lettori di Job24 sui motivi che hanno spinto Ikea Italia a divulgare la ricerca, ma qualche dubbio sulla buona fede del management potrebbe nascere.
Chiaramente ci sono delle differenze rilevanti sul fronte della comunicazione e del comportamento aziendale tra i due paesi, ma alla luce degli avvenimenti possiamo sbilanciarci in un Italia 1, Francia 0. Ma Ikea è un global brand…

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