Mai come ora in questa fase post-elettorale stiamo assistendo a appelli volti a sollecitare da parte del mondo politico comportamenti responsabili.
Ultimo in ordine di tempo l’appello alla responsabilità del Capo dello Stato. La responsabilità insomma come matrice comune, punto di riferimento da cui non si può prescindere. Fin qui tutto scontato e anche atteso. L’elemento straniante, la distonia va invece colta fra l’irresponsabilità di fondo del mondo politico –almeno di parte di esso (a cui appunto fa appello per volgerla in positivo anche il presidente Napolitano)- e la responsabilità, la maturità che invece ha dimostrato e continua a dimostrare il mondo delle imprese, o almeno parte di esso. La crisi in questo senso si sta rivelando benefica e portatrice di novità e in questo contesto anche una fiera diversa, anticiclica come è sempre stata “Fa’ la cosa giusta” ( a cui Coop partecipa da anni) acquista una nuova piacevole normale originalità. Si potrebbe obiettare che la responsabilità va di moda, essere etici, impegnati e sostenibili è un fiore all’occhiello che sempre più player anche insospettabili mostrano. Vero anche questo: la crisi ha aguzzato l’ingegno e l’essere virtuosi –estremizzo volutamente- diventa l’altra faccia dell’essere furbi.

Machiavellicamente- concludo nel mio pensiero- il fine giustifica il mezzo e ora anche i più pavidi lo hanno capito: la sostenibilità e l’eticità nella filiera produttiva pagano e essere green, contribuire alla nascita di una società migliore può fare la differenza, anche in termini di business. Per chi come Coop tiene assieme fin dall’origine le logiche di mercato con la responsabilità sociale (uno strano ma modernissimo ibrido) è ovvio che la sostenibilità fa parte della sua filosofia d’impresa, è una sorta di diktat etico e per tanti anni ha funzionato da apripista (la comparsa del primo prodotto del commercio equo e solidale nella grande distribuzione  è opera di Coop –il caffè nel lontano 1995-, le prime campagne green di Coop datano in tempi non sospetti: “Bianco il bucato azzurro il mare” contro l’abuso dei fosfati nei detersivi  è del 1984, ancora oggi solo in Coop si trovano i prodotti di Libera Terra). Casomai il nostro problema è ribadire la primogenitura, raccontare la particolare anomalia della nostra forma d’impresa.
Ma la vera chiave di volta che anche altri mostrano di avere appreso  è che oggi si può essere  sostenibili e competitivi: guardando alla responsabilità come filosofia di impresa e valutandola anche su un piano utilitaristico e pragmatico, prima che etico, può essere considerata come un approccio d’impresa economicamente vantaggioso per la riduzione dei costi o la qualità di spesa (spendere meglio).

E’ chiaro in questo momento bisogna ancor più tenere insieme convenienza per il consumatore e rispetto per l’ambiente, eticità dei processi produttivi, ma spesso vi sono azioni che fanno bene all’ambiente e fanno ridurre anche i costi a tutti. Cito l’eliminazione delle lampade a incandescenza, le borse riutilizzabili, il car pooling o più in generale la mobilità sostenibile, il tema dell’acqua da bere (rubinetto) etc etc. Si pensi anche a come sta cambiando la comunicazione d’impresa. Da un po’ di tempo tutti si sono votati al “politically correct”: le auto cessano di enfatizzare la velocità e dispiegano la loro anima green  (persino la Ferrari –e sembra quasi un controsenso- ha presentato un modello eco-sostenibile), le case di moda mettono a nudo i processi produttivi, i volti dei testimonial lasciano spazio alla gente comune. Si dirà è pur sempre pubblicità. Ma ciò che si racconta deve corrispondere a verità; il nuovo consumatore fiuta da lontano l’inganno nascosto sotto azioni solo apparentemente virtuose (e infatti prima ho parlato di “essere” virtuosi non di “apparire” tali), perché mai come ora, sfiancato da una crisi senza precedenti, il consumatore è scaltro e avveduto, cosciente e guardingo.

Il che a ben guardare fa il gioco di chi ha sempre pensato che  la vera innovazione (attuata da Coop) sia quella di far entrare la responsabilità nella governance aziendale proprio perché il ruolo ed il peso che la responsabilità avrà o dovrà avere nel prossimo futuro sarà sempre più di tipo strategico. Il cammino insomma è ben tracciato, l’invito ora agli altri (per il bene comune) è di proseguirlo.

 

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