Science-girls

Bene. Pronte? Via! Ragazze, buttatevi a capofitto nella scienza perché da oggi l’Unione Europea ha deciso che è ‘roba di donne’… Science: it’s a girl thing.

Tutte in laboratorio, di corsa, perché entro il 2020 l’obiettivo è di aumentare il numero di ricercatori, fino a un milione, ed è importante che le donne contribuiscano.
Per raggiungere questo obiettivo la campagna ‘acquisti’ della UE ha tirato fuori tutti i suoi assi nella manica, da Sandrine Droubaix, conosciuta come deejay SubTanz, che ha promosso gli argomenti di Science: it’s a girl thing” attraverso la musica house, alle Charlie’s Angel da laboratorio del video ufficiale, con rossetto che più che contribuire all’evoluzione della scienza sembrava volessero contribuire “all’evoluzione della specie”(!), per arrivare al tour europeo con van personalizzato e al coinvolgimento del mondo digital… e dei social media… un passo di troppo. Purtroppo. E per contenere l’ira del popolo delle scienziate e la sensibilità offesa delle donne in generale, non è bastata nemmeno la testimonianza della nostra straordinaria Ilaria Capua – virologa dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie di Padova e che per prima nel 2007 è riuscita ad isolare il virus dell’aviaria – che sostiene la necessità di donne nelle scienze. Tranne poi a scivolare nel discorso sull’importanza di riuscire a ‘stupire’ gli uomini passando dal camice bianco al vestito da sera per arrivare alla caduta finale del ‘ma non basta cambiare il sistema, devono cambiare anche le donne. Devono cominciare a credere di potercela fare’. Ecco fatto.
La gatta ci ha lasciato lo zampino, le stagioni sono tornate quelle di una volta e il mondo è rimasto paese. L’apologia devastante dei luoghi comuni vince su tutto, come sempre. Basta crederci, ce la farai, sarai scienziato un domani (… non astronauta però perché lì ci sarà un uomo).

Prima di studiare questa campagna molto ‘teen’ la commissaria europea all’innovazione Marie Gheoghegan Quinn avrà dato uno sguardo ai numeri degli ultimi vent’anni sulla frequenza universitaria, sulle lauree e sulla predisposizione di genere alle materie scientifiche? In Europa la maggioranza dei laureati sono donne; accorpando tutte le discipline quasi la metà dei ricercatori sono donne. I test di PISA dimostrano, inoltre, che la predisposizione e la capacità verso la scienza dei ragazzi tra i 13 e i 17 anni è la stessa, nessuna differenza di genere. Allora cosa accade? Ehi? C’è qualcuno nella casa sull’albero? Qualche ufficio UE ancora aperto?

La risposta non la darò io mentre scrivo queste righe un po’ indignate nel tentativo goffo di misurare lo spostamento della reputazione verso il basso di questa Istituzione così autorevole. Mi scosto appena per lasciare la parola a Margherita Hack e a Baek Sung-hee. Margherita Hack, prima donna a dirigere un Osservatorio Astronomico, ritiene che le donne studino molto e siano molto capaci, ma sono spesso costrette a mollare. Una questione sociale ancora irrisolta. Per questo le donne diminuiscono sensibilmente man mano che le responsabilità aumentano, dall’essere in maggioranza negli studi ad essere meno del 30% tra i professori associati e solo il 10% al livello più alto dei professori ordinari… Baek Sung-hee, professore associato di neuroscienza all’Università di Seul e premiata L’Oreal-Unesco per ‘Women in Life Science’ segue la linea della Hack e aggiunge problemi legati alla flessibilità, alla gestione della famiglia e all’incertezza dei contratti … Ma allora … non dire gatto se non ce l’hai nel sacco! Ma non sarà per caso che il problema di fondo sia legato alle pari opportunità? No, non può essere così evidente. La scarsa presenza delle donne nella scienza non dipenderà dal fatto che a livello mondiale le donne occupano meno del 15% delle posizioni dirigenziali presso le organizzazioni aziendali e subiscono un divario salariale a tutti i livelli di leadership e, a parità di incarichi, guadagnano il 25% in meno? Non sarà legato anche al fatto che il 45% delle donne dirigenti al livello internazionale dichiara che avere avuto figli ha ostacolato la loro carriera? Chissà, domani è un altro giorno e si vedrà … A questo punto il discorso si farebbe lungo.
Ma noi, ci si perdoni, le Charlie’s Angel scienziate a Ipazia (370-415), matematica martire della libertà di pensiero, a Maria Gaetana Agnesi (1718-1799), prima donna a ricoprire una cattedra universitaria all’Università di Bologna, a Marie Sklodwska Curie (1867-1934), premio Nobel per la fisica e per la chimica, a Rita Levi-Montalcini (1909) premio Nobel per la medicina, preferiamo non farle vedere.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro... #VanityFail, America, brand, BuzzFeed, copertura mediatica, Donald Trump, magazine, Melania Trump, Messico, reputazione, Trump, US, USA, Vanity Fair
I casi Coop e Apot come Unilever e P&G verso una filiera produttiva e distributiva sostenibile
I casi Coop e Apot come Unilever e P&G verso una filiera produttiva e distributiva sostenibile, ma il tema non va tradito

Un terzo dei consumatori, circa il 33%, sceglie di comprare prodotti da brand che hanno...

Cari Motta e Melegatti, la reputazione è un ingrediente per palati fini soprattutto a Natale
Cari Motta e Melegatti, la reputazione è un ingrediente per palati fini, soprattutto a Natale

Strategia o ingenuità? Lo spot del panettone Motta quest’anno ha fatto parlare molto di sé....

Facebook e Twitter tirano le somme, e il brand più social del 2016 è PokemonGo

Si può essere un brand e conquistare il primo posto della top 10 delle conversazioni...

Chiudi