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È una storia non proprio recente, la storia della relazione tra chi racconta storie e chi cerca storie da raccontare. Cambiano i tempi e la società dell’informazione deborda nei confini, nelle professioni, negli approcci: un vero e proprio minestrone quotidiano fatto ogni giorno di ingredienti magari diversi, che deve sfamare milioni di persone ed il cui sapore alla base rimane sempre lo stesso.

Beppe Severgnini settimana scorsa ha scritto un post esilarante sulla sua rubrica Italians del Corriere.it in cui ha esplicitato il suo rapporto con gli uffici stampa e le agenzie di PR che lo assalgono. In realtà il recente post non è una primizia sul tema, dalla sua rubrica infatti fustiga da tempo le “piccole rottweiler”  che crescono e si moltiplicano in quantità diametralmente opposte ai giornalisti, le cui redazioni sono sempre più “vuote”.

Severgnini ha ragione: PR vuol dire Public Relations e le Public Relations, quelle forse meno paludate che Severgnini conosce bene non hanno confini, tanto che noi in questo caso abbiamo scomodato l’arte del fumetto chiedendo un’interpretazione della “storia” alla matita di Davide Besana. Ma PR vuole dire più e solo l’epiteto Piccole Rottweiler demarca alla perfezione la nostra capacità di non mollare. In un paese in cui molti sociologi tracciano la “rassegnazione” come una delle principali cause di stagnazione (non solo economica), Beppe Severgnini con la sua straordinaria sensibilità ha scovato il vero punto di ripartenza: PR d’Italia!

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