Not

American Apparel e il polverone del 4 luglio: la storia americana dimenticata dai Millennial?

L’Indipendence Day è una ricorrenza solenne che l’America celebra con mega raduni di famiglia, barbecue, parate e fuochi d’artificio. Per le strade sfilate di carri e bande musicali fanno da sfondo al profumo di bistecche alla brace dei giardini, mentre sui cieli si alternano giochi di luce e danze pirotecniche.
Le immagini spettacolari della festa passano “on air” anche sui social, e al content manager di American Apparel, noto brand americano di abbigliamento, lo scorso 4 luglio scappa una dedica frettolosa.
Su Tumblr viene pubblicata la foto di maestosi avvitamenti di fumo tra le nuvole, che purtroppo però altro non sono che il risultato dell’esplosione di un’astronave, lo Shuttle Challenger in cui nel 1986 persero la vita 7 persone. Tragedia ancora stampata nella memoria di coloro che all’istante riconoscono il cattivo gusto di un errore dovuto, nel giorno dell’indipendenza, all’autonomia di una scelta avventata.

Nel gestire un profilo seguito da migliaia di utenti c’è un potere esaltante non sempre facile da tenere a bada, una sorta di fascino monarchico della comunicazione che sempre più spesso cade vittima del rispetto assoluto del tempo reale e dell’istinto a premere a raffica più “post it” possibili. Produrre sempre e comunque a discapito della qualità, è il rischio che si corre. Com’è capitato recentemente a Delta, che in occasione dei mondiali di calcio per cavalcare l’euforia della vittoria USA sul Ghana ha accidentalmente scelto la Statua della libertà e la giraffa come simboli dei due paesi, ignorando che l’animale abiti tutt’altri territori.

La messa alle strette, il dover presidiare tutti i canali ed essere sempre pronti ad attirare l’attenzione, senza scendere mai sotto il livello di engagement stabilito, possono comportare un’ansia da prestazione e una superficialità nell’approccio da parte delle mani più inesperte.

Inoltre si ricade nell’ormai annosa questione, ovvero se malgrado l’overdose di materiale a disposizione, la storia non stia affondando nell’oceano di contenuti nel quale sguazziamo e se i millennial resettino con maggiore facilità o non recepiscano affatto alcune informazioni. American Apparel è un marchio giovanissimo, stravagante, perfetto rappresentante della generazione M. La stessa che però, in alcune battute sulla pagina incriminata, ci tiene a prendere le distanze dalla mancata conoscenza della storia americana e da un’ignoranza che forse è semplicemente caratteristica senza tempo e senz’età.
Quel che è certo, è che i passi falsi sul web rimangono sempre ben scolpiti e a lungo termine nella reputazione dei brand, anche nel riciclaggio continuo di epic fail ed epic win.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro... Casa Bianca, comunicato stampa, comunicazione, Donald Trump, Exxon, ExxonMobil Corporation, Marziale, plagio, PR, PR staff, reputazione, Rex Tillerson, US
Fedez contro le fake news dei giornalisti, risponde a Concita de Gregorio su Facebook
Fedez discute con Concita De Gregorio di giornalisti e fake news. #storytelling di una reputazione da 800 mila click

“Dovrebbero andare a lavorare in miniera”. Se partisse un toto-scommesse su chi possa aver detto...

A San Valentino polemiche per le promozioni Keyaku e Media World per la festa degli innamorati

Per la gioia dei single di tutto il mondo, San Valentino è arrivato e con...

Budweiser boicottata per lo spot contro Donald Trump
Alla rete la sentenza sullo spot di Budweiser per il Super Bowl, e intanto scatta il boicottaggio del brand che sfida Trump

Super Bowl o super boycott? All’azienda produttrice di birra Budweiser sono bastati 60 secondi di...

Chiudi