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L’Inter, Sneijder e il divieto di twittare. Lacrime di coccodrillo?

Immaginiamo per un momento di essere il Capo Ufficio Stampa dell’Inter che, la mattina del 9 novembre, si è ritrovato la rassegna stampa invasa da articoli critici per l’immagine e la reputazione della propria società calcistica. Un esempio su tutti: “Bavaglio social: l’Inter vieta Twitter a Sneijder. Autogol nerazzurro”. Motivo scatenante? I cinguettii secondo noi deliranti della moglie di Wesley Sneijder, preoccupata per le sorti del marito, dopo il divieto impostogli dalla squadra di non raccontare troppe cose di sé e della propria attività professionale sul social network. Ma vediamo la vicenda nei dettagli.

Lo scorso 8 Novembre l’Inter ha vietato a Sneijder, twittatore incallito, di raccontare notizie inerenti alla squadra sul social network. Divieto eccessivo? Non proprio, considerando che il giocatore era già stato ripreso dall’azienda per aver cinguettato, all’indomani dell’infortunio, che non si curerà in Italia, ma in California. Come ha scritto Andrea Sorrentino dalle pagine di Repubblica: “certi viaggi a volte rimangono segreti, perché se uno va a curarsi dall’altra parte del mondo non è che le strutture del club ci facciano una gran figura”. Considerazione corretta, soprattutto in un’ottica di tutela della reputazione e dell’immagine del club. Probabilmente la squadra si sarebbe confrontata con la stampa in merito al percorso di riabilitazione di Sneijder, ma solo dopo aver definito con l’atleta una chiara strategia mediatica. Adesso, e sempre facendo l’esercizio di trasmigrazione nel capo ufficio stampa dell’Inter, va bene gestire le issue quotidiane provocate più o meno quotidianamente dei tanti giocatori della propria squadra ma dover gestire anche la comunicazione delle mogli dei giocatori diventa davvero mission impossibile.

Come sappiamo Twitter in Italia è una piattaforma in costante crescita e, stando agli ultimi dati Audiweb (marzo 2012), gli italiani sul social da 140 caratteri sarebbero più di 1.300.000, ultimamente, però, sono stati anche diversi i casi di politici o di manager che hanno utilizzato twitter “con leggerezza”, contribuendo ad attivare rumors negativi a danno della reputazione della società o del partito per il quale lavorano. In epoca social provarsi con le nuove piattaforme di microblogging è quanto mai opportuno e naturale, ma in un’ottica di tutela della propria web reputation altrettanto legittime sono anche le precauzioni messe in atto da società sportive, aziende o partiti che vanno rispettate da tutti, mogli comprese …

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