varie The Food Dialogue

Uno dei modi più spesso utilizzati dalle aziende per dialogare con il proprio pubblico è scegliere un ambasciatore, sia esso reale o fittizio, che si faccia portatore dei valori del brand. Un espediente semplice quanto efficace in grado di creare prossimità tra l’impresa e il proprio target e di favorire l’instaurarsi di un flusso di comunicazione bidirezione che, ai tempi del web2.0, può essere ulteriormente amplificato dall’utilizzo strategico del canale internet.
 
Lo sa Giovanni Rana che è riuscito a guadagnarsi la simpatia e la fiducia degli italiani puntando su un sorriso rassicurante e sul concetto di genuinità (tanto dei prodotti quanto della persona), lo sa Birra Moretti che dal 1942, grazie all’intuizione del Commendatore Leo Menazzi Moretti, parla ai propri consumatori attraverso il personaggio di fantasia, eppure così reale, del “Baffo”.
 
Ecco perché l’ U.S. Farmers & Ranchers Alliance (USFRA), l’associazione statunitense che raggruppa allevatori e agricoltori, per modificare il giudizio negativo degli americani rispetto a un comparto percepito come più attento alle logiche di profitto che alla salute dei consumatori, ha indetto sul proprio  sito un contest per selezionare le “Faces of Farming and Ranching”, ovvero i testimonial del nuovo corso dell’agricoltura americana, all’insegna dell’etica, intesa in senso lato.
 
Ma poiché ripristinare un buon livello di reputazione è più difficile che costruirla ex novo, la campagna “Since When did Agriculture Become a Dirty Word?” sviluppata lo scorso anno dall’Associazione non ha puntato solo sul fattore emozionale, ma anche su quello razionale.
 
Punto di volta della campagna, un’indagine svolta su un campione di agricoltori e consumatori che ha dimostrato come le preoccupazioni dei due fronti fossero, di fatto, le medesime. Ed infatti, dalla survey, emerge come l’agricoltore americano sia attento al risultato della propria attività, impegnato in prima persona nella produzione di alimenti di prima qualità, pronto a metter la faccia per la propria impresa, tipicamente a conduzione familiare. E così si delinea il nuovo posizionamento dell’imprenditore agricolo: da individuo spregiudicato e senza etica –legato alle logiche quantitative delle multinazionali- a “vicino di casa” attento a trarre dalla terra i migliori frutti per sé e per la propria famiglia, oltre che per il mercato.
 
Una “vicinanza” che viene ulteriormente amplificata sia dall’uso strategico di internet (con la creazione del sito web fooddialogues.com – una piattaforma sulla quale i cittadini possono postare osservazioni, dubbi e domande nella certezza di ricevere una risposta -, di un account Twitter, di una pagina Facebook e, infine, di un blog, canale elettivo per fornire le risposte alle domande che il consumatore americano tipo potrebbe porsi) e dall’organizzazione, nelle principali città degli USA, di tavole rotonde, a più voci, dedicate al dibattito sul futuro degli alimenti e dell’agricoltura, per coinvolgere i media, i key influencers e, naturalmente, i consumatori. 
 
Al momento il riposizionamento è ancora in corso, e solo a gennaio 2013 sarà possibile conoscere il volto del “new deal” dell’agricoltura a stelle e strisce, ma la struttura solida e articolata dell’iniziativa fa presagire il migliore degli epiloghi…

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