Paparazzi_Immagine in evidenza_2

Quando si parla di brand reputation e, soprattutto, di problemi connessi ad essa, il pensiero va immediatamente alle aziende, ma non sempre è così.
In questi ultimi giorni sono stato molto colpito dal modo in cui tantissimi media, che dovrebbero (e sottolineo dovrebbero) essere i custodi del sapere in materia di corretta comunicazione, si sono infilati senza nemmeno rendersene conto in un tunnel dove le scelte editoriali e la volontà di raccattare clic e lettori hanno fortemente minato la loro reputazione e credibilità.
A causare tutto questo, l’onnipresente Sara Tommasi e la sua storia, chiaramente ormai più prossima alla patologia che al gossip. E proprio qui sta il punto. Viviamo in un Paese che, forse in maniera non sempre bonaria e innocente ma comunque decisamente semiseria, di gossip si nutre e vive, specialmente oggi  che ha necessità di distrarre il pensiero dalla situazione per nulla leggera e felice che vive e che vediamo ogni giorno.

Ci siamo appassionati alle vicende amorose (non importa se vere o create ad arte) del triangolo Belen Rodriguez – Stefano De Martino – Emma Marrone; abbiamo seguito le elezioni presidenziali francesi con più attenzione al fatto che l’italiana Carlà potesse lasciare l’Eliseo e facendo scommesse su quanto sarebbe durato il suo matrimonio una volta finito il mandato presidenziale di Nicolas Sarkozy Bruni, piuttosto che preoccupandoci degli effetti che un cambio di guida alla presidenza francese avrebbe potuto creare nello scacchiere della politica internazionale o, ancora, continuiamo a chiederci se il matrimonio fra Alberto di Monaco e la sua Charlene sia nato dall’amore o dalla necessità di copertura.
Sara Tommasi è solo una delle tante starlette che poco per volta ha visto crollare la sua popolarità e sfumare le possibilità di lasciare un segno nel firmamento della TV; come tante è finita nel tritacarne degli articoli che parlavano di escort, politica, lelemorine ed Emili Fede vari; essendo ormai passata la stagione dei calendari che vendevano milioni di copie, ha provato a mettere in evidenza le sue grazie in altro modo, fingendo di porle al servizio di ideali politici, ma poi qualcosa è cambiato. Le prodezze della bella Sara diventavano sempre più assurde, sempre più urlate, sempre più coperte dai giornali.
Anche per Sara arriva la notizia del film porno; i pruriti dei maschi italiani e la curiosità delle donne italiane si risvegliano. I primi cominciano a digitare frenetici su YouTube e Google per trovare i fotogrammi della pellicola, le seconde hanno la prova di quello che hanno sempre sostenuto coi loro mariti e fidanzati; quella lì è una poco di buono.
Ma qualcosa comincia a non quadrare; non si tratta di un filmino adolescenziale messo in rete da qualche ex fidanzato desideroso di vendetta o molto più semplicemente di denaro, ma di un film a cui la Tommasi ha partecipato consenziente e dietro firma di contratto. Una nuova mossa pubblicitaria? Può essere, fatto sta che dopo poco i giornali riprendono le dichiarazioni della protagonista: “Per fare il film mi hanno drogato”, dice. E fino a qui si può ancora credere che, accortasi del polverone sollevato e di come la sua Brand Reputation non ne tragga alcun giovamento, cerchi maldestramente di rimediare.
Le ore passano e le dichiarazioni continuano: “No, non mi hanno drogato, sono stati gli alieni a farmi fare il film”. Burla? Tentativo di attirare l’attenzione? A questo punto, ritengo, un qualunque media avrebbe dovuto capire che era meglio lasciar perdere e occuparsi di altro, ma accade il contrario. Alieni, UFO e qualunque altra affermazione della Tommasi finisce in prima pagina; e non solo nella prima pagina di Novella 2000. Ecco che, sul Corriere.it come su altre testate “blasonate” Angela Merkel, Mario Monti e la possibile uscita della Grecia e dell’Italia dall’euro devono lottare per gli spazi con Sara Tommasi e i suoi alieni.
Ma il picco negativo arriva qualche giorno dopo: “Sara Tommasi sparisce in autogrill!” titola più o meno il Corriere.it e con lui tanti altri. Ora dopo ora sul sito si susseguono aggiornamenti incalzanti; “è sparita dall’Autogrill di Lodi”, “stava andando a fare uno spettacolo erotico a Firenze”, “il suo agente l’ha ritrovata a 25 chilometri di distanza”, “ha chiesto un passaggio a un camionista”, “l’hanno ritrovata in stato confusionale all’autogrill di Parma” , “la madre nega tutto: era con me e suo padre” e via dicendo.

La notizia rimane in homepage per ore, arrivando a conquistare notevole spazio anche il giorno successivo e riuscendo a sconfiggere la concorrenza dello scudo anti spread e persino degli europei di calcio. Loro passano, Sara è sempre li, con una foto scelta ad arte da chi ha fatto l’impaginato; una foto sgranata, più adatta a pubblicizzare uno spettacolino hard di un club privè di quarto ordine che a raccontare una sparizione di un personaggio semi famoso.
La notizia continua ad essere in homepage, anche se ai più ormai è chiaro che non si tratta di una delle solite storie di starlette alla ricerca di notorietà, ma quella di una ragazza di trent’anni o giù di li che si è avvicinata come una falena alla luce, che da quella luce è stata bruciata, fuori e anche dentro e che, come chiedono inascoltati da tempo i genitori, ha bisogno di silenzio e di aiuto.
Ma tutto questo fa clic, fa contatti, e allora perché fermarsi? E chi se ne frega se teoricamente il gossip non dovrebbe essere fra gli argomenti fondanti della nostra testata;  e chi se ne frega se si tratta di una persona con problemi seri;  e chi se ne frega se persino i genitori ci chiedono di non occuparcene; e chi se ne frega se forse dietro a tutto questo c’è un manager di dubbia moralità che per guadagnare qualcosa inventa delle storie e le mette in giro ad arte. Chi se ne frega.
Come sono certo capita a molti colleghi che hanno scelto di fare l’ufficio stampa, da queste testate mi sono sentito dire spesso che gli studi di settore che gli sottoponevo (non importa se si trattasse di e commerce, mutui, prestiti, immobiliare o assicurazioni, solo per citarne alcuni) non erano adatti ai loro lettori; la loro testata, mi hanno detto per dieci anni, pubblica solo “notizie”.

Scusate, forse sono un tipo strano, ma continuo a credere che quella di Sara Tommasi non sia una notizia.
E chi se ne frega della brand reputation! Forse alcuni di questi media che hanno nella reputazione un quid differenziale farebbero meglio a non fregarsene.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Altro... #VolkswagenCrisis, #VolkswagenScandal, #vw, #vwgate, comunicazione, comunicazione aziendale, dieselgate, fiducia dei consumatori, fiducia nel brand, la Stampa, Luca De Meo, Massimo Nordio, pubblicità, reputazione, reputazione aziendale, riacquistare la fiducia, scandalo, scandalo emissioni
330037-yahoo-netflix-rumor
Se Marissa Mayer lavorasse in Netflix?

Due scuole di pensiero, due modi di intendere il congedo parentale come benefit motivazionale sul...

Pennetta “Pasta” e “Da Vinci Code”. Gli US Open a lezione d’Italiano

Sono tantissimi i casi di epic fail sui social. Alcuni sono clamorosi, altri sono casuali,...

Tag Cloud
Il valore dei “valori”. La comunicazione nei giorni delle stragi di Parigi.

Nel momento in cui scrivo, il valore (in caduta libera) di un barile di petrolio...

Chiudi