social media (43)

A poche ora dall’ennesima scossa di terremoto che “sta mettendo in ginocchio l’Emilia” colpisce (e non in senso positivo) il tweet promozionale pubblicato da Groupalia il 29 maggio sul proprio profilo. Approfittando dell’hashtag #terremoto, al primo posto nella classifica dei Trend Topic, l’azienda ha twittato un infelice «paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a Santo Domingo!», allegando il link alla pagina contenente le offerte per la vacanza dei sogni a prezzi stracciati. La reazione degli utenti del sito di microblogging non si è fatta attendere, con messaggi di indignazione e di incredulità. Venti minuti dopo, il tweet incriminato è stato rimosso (anche se ormai lo screen shot era stato già diffuso in rete) e la società si è affrettata a correre ai ripari, scusandosi e sottolineando con un altro tweet la volontà di donare alla Croce Rossa un euro per ogni pacchetto venduto. Ma anche questa svolta umanitaria si è rivelata un fallimento. Nel primo pomeriggio sono arrivate le scuse ufficiali del Country Manager di Groupalia per l’Italia, Andrea Gualtieri: “Sono davvero costernato per quanto accaduto e chiedo scusa alla popolazione colpita dal sisma per averla offesa. Si è trattato di un gesto irresponsabile dettato principalmente da superficialità e inesperienza”.

Superficialità e inesperienza? Non solo, direi. Questo episodio rattrista soprattutto perché affronta con pessimo gusto una situazione di crisi che l’Italia sta attraversando; non è solo una “gaffe” ma un atteggiamento aggressivo di comunicazione, pronta a sfruttare l’emotività che riversiamo nella rete. Con le linee telefoniche sovraccariche o interrotte, Twitter era la piattaforma che stava dando il maggior numero di notizie sul terremoto: un modo veloce per passare informazioni ai soccorritori o per tranquillizzare parenti e amici lontani e irraggiungibili. L’uso disinvolto dell’ashtag #terremoto in quel contesto denota una totale mancanza di partecipazione e rispetto. Da un brand che decide di essere vicino al consumatore attraverso i social network ci aspettiamo che lo faccia con lo stesso rispetto e lo stesso senso etico che regolano il mondo reale e non utilizzandoli come un mero mezzo attraverso cui promuovere sempre e comunque i propri prodotti, indipendentemente dalla situazione.

E a dire il vero, Groupalia non è stato l’unico marchio che ha tentato di trasformare il dramma in proficua opportunità, sfruttando le capacità di Twitter. Prenotable, servizio online che permette di prenotare un tavolo nei ristoranti di mezza Italia, invece del viaggio a Santo Domingo proponeva un bel pranzetto gustoso “per smorzare la tensione”, come ha tentato di giustificare il titolare dell’azienda Riccardo Petrantoni, dando degli “sprovveduti” al team aziendale di social media. Ma Brux ha superato tutti, soprattutto per il tempismo. Il cinguettio promozionale dell’azienda di prodotti sportivi («da oggi puoi assorbire le vibrazioni dei terremoti con Brux! »), è comparso infatti alle 12.31, quando la polemica su Groupalia e Prenotable era già esplosa da un pezzo ed era finita addirittura nei Trending Topic. Oltre che inopportuni, anche ritardatari quindi e soprattutto molto poco attenti a quello che stava succedendo intorno a loro.

Anche in questo caso la direzione di Brux si è scusata per il grave accadimento, definito come “un’iniziativa personale di un singolo dipendente”
E’evidente che queste tre aziende sono ancora molto lontane dall’aver compreso il ruolo strategico della comunicazione sui social media visto che, per loro stessa ammissione, l’hanno affidata a team inesperti e sprovveduti.

 

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