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Lega digital quel mezzo busto in meno

Quando si cambia è necessario comunicarlo, soprattutto se il cambiamento non è all’insegna della continuità con il passato ma il punto di rottura da cui partire per un nuovo inizio. E’ così per le aziende alle prese con il rebranding del proprio marchio, è così per i partiti politici, che ormai non possono più ignorare l’importanza di marketing e comunicazione nel processo di costruzione e salvaguardia della reputazione sia del partito in quanto “contenitore valoriale”, sia dei suoi rappresentati.

Lo sa bene La Lega che, per riconquistare la fiducia del proprio elettorato, minata dalla perdita di credibilità e di reputazione del suo leader fondatore Bossi e della sua famiglia, ha proclamato l’inizio di una nuova era – all’insegna di un ritorno ai valori fondanti del partito – sotto la guida del neosegretario Roberto Maroni. Il cambio di guardia al vertice ha reso necessario, naturalmente, un adeguamento di tutti i canali di comunicazione del partito, in primis del sito internet. Ma se l’idea di comunicare il ritorno alle origini anche attraverso azioni di restyling è di per sé corretta, la sofferta genesi del nuovo sito – che in una decina di giorni ha “cambiato pelle” per ben tre volte -, solleva per lo meno qualche perplessità.

Se infatti fino al 26 giugno il mezzo busto di Umberto Bossi campeggiava ancora in home page, da quella data in poi l’immagine dell’ex “leader lumbard” è letteralmente scomparsa, sostituita da ritratti di Maroni e dei suoi fedelissimi (di Bossi restava solo il nome indicato sul logo della Lega Nord), per poi ricomparire, il 4 luglio, ma in forma “ridotta rispetto alla prima edizione”. Stesso trattamento per i discorsi del Senatur che, da onnipresenti, sono stati relegati a fondo pagina, in una posizione poco visibile. Praticamente introvabili. Che tutto questo faccia parte di una strategia di comunicazione pianificata a tavolino risulta difficile pensarlo, tre modifiche strutturali in poco più di una settimana sono decisamente troppe.
Una “caduta” che non è sfuggita a Pierluigi Battista che con la vicenda del “Bossi rinnegato” si è “guadagnato” il richiamo in prima pagina sul Corriere della Sera.

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